lunedì 26 dicembre 2011

Il dettaglio


Spesso la poesia di un'immagine è racchiusa nella minuzia dei dettagli che espongono alla vertigine dell'infinito. E creano sogni squisiti.

sabato 24 dicembre 2011

Nel deserto





Picture by Gustave Guillaumet, Le Sahara, 1867
Photo by Abbas

La neve


Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca,
senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca,
canta una vecchia, il mento sulla mano,

La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s'addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

Giovanni Pascoli

mercoledì 21 dicembre 2011

Specchio nebuloso



...e mi perdo in tal mistero.



Photo by Michael Melford

Eternal City vs Eternal Memory

Libro, Premessa

Sono passati oramai dieci anni dalla morte di Carlo. E dieci anni son passati dal ritrovamento del suo taccuino. Un taccuino mal ridotto certamente, ma pieno di lui. All’interno ho potuto ritrovare il suo spirito, e mi dicevo che era proprio lì che la sua anima si era rifugiata. Così per anni, ogni giorno andavo a fargli visita. Ripercorrevo tutte le sue memorie, tutte le sue emozioni e tutti i suoi dolori. E mentre i miei occhi scorrevano velocemente quegli aguzzi segni nero di seppia, in un certo senso mi sentivo colpevole: che permesso avevo io di rubargli la sua intimità? Stavo forse violando il suo essere? Approfittavo forse della sua incapacità materiale di fermarmi? Questi sono stati gli interrogativi che ogni volta mi ponevo quando terminavo la lettura, anche fosse stata una brevissima frase. In quelle pagine disordinate ritrovavo i momenti passati assieme, io e lui. Ma spesso mi si schiudeva anche un nuovo mondo di fronte, mi addentravo nella mente dell’uomo che ho sempre amato, immergendomi completamente nel denso oceano della sua psiche. Anche da morto riusciva ancora a parlarmi. Passarono due anni. Ed io portavo sempre il taccuino con me. Fu in quel periodo che iniziai a realizzare che ero la sola che era venuta a conoscenza di quei suoi scritti. E fu proprio in quel periodo che la direzione dei miei pensieri mutò radicalmente. Non mi ritenevo più una ladra, al contrario un’ egoista. Avevo la sensazione di essere una piovra avviluppata attorno ad un tesoro, i miei tentacoli erano certamente volti a proteggerlo, ma allo stesso tempo si preoccupavano (forse ancor di più!) di nasconderlo. Pensai dunque che non fosse affatto giusto essere l’unica al mondo a poter nutrirsi di quella ricchezza; dovevo trovare un modo per riuscire a sprigionare quei pensieri, dovevo farli piovere, scrosciare, il più fragorosamente possibile. Nacque quindi presto in me l’idea di una futura pubblicazione di quegli scritti. Allo stesso tempo però ero consapevole della difficoltà che sarebbe sorta per un lettore estraneo, nel comprendere pienamente il significato di quei pensieri disordinati. Iniziai allora un lavoro di sistemazione e riordinamento, tentando di inserire nel giusto posto tutti quei fogli volanti e sparsi infilati tra una pagina e l’altra del taccuino. Fu un grande sforzo, perché se da un lato volevo che l’ “ordine” precedente venisse intaccato solamente nel minimo indispensabile per non tradire le intenzioni di Carlo, dall’altro ero consapevole della necessità di alcune modifiche al fine di una vera ed efficace trasmissione del messaggio. Una volta terminata questa fase mi resi conto ancora una volta che non vi erano ancora abbastanza elementi per riuscire a penetrare realmente nell’anima di Carlo come invece era possibile a me. Quei pensieri, quei racconti non erano stati appuntati solamente in un ordine poco intellegibile, ma inoltre davano per scontate le basi da cui scaturivano. Di conseguenza anche se erano stati già riordinati, gli scritti potevano ancora una volta essere oggetto di una cattiva o ,peggio ancora, superficiale interpretazione. Decisi dunque di costruire una struttura solida per i pensieri in libertà del taccuino. Decisi che era mio compito supportare quei pensieri con una narrazione complementare. Ad ogni particolare pensiero di Carlo affiancai le storie che fecero da cornice e qualche mia personale riflessione. Il lettore avrà quindi la facoltà di decidere se leggere le mie personalissime aggiunte, o concentrarsi solamente sugli scritti originali. Ma ho ritenuto necessario inserire queste integrazioni per coloro i quali non si accontentassero del pensiero dell’uomo ma volessero anche conoscere la sua vita, le sue abitudini, le sue paure e i suoi amori. Insomma forse si tratta di un orpello, ma si tratta di un “di più” doveroso e forse anche dovuto; nella speranza di poter finalmente dar conto a un’esistenza straordinaria.

Sleep...Deep



Andy Warhol, Sleep (1963)

lunedì 19 dicembre 2011

Candide Seduttrici


Vigilate su di noi, vergini lattee.

Mostratevi in tutta la vostra imponenza,
ricordateci la nostra piccolezza.

Assordateci con il vostro silenzio.
Insegnatecelo.

Ma permetteteci la scalata:
inerpicandoci tra i vostri pendii,
ci innalzeremo.




Photo by Ansel Adams

Un abbaglio


Are they flying or are they d(y)i(v)ing?

Un tuffo tra le nuvole.

Crowds in clouds.

Su nel cielo.
No.
Giù nei fondali.




Photo by Trent Parke

domenica 18 dicembre 2011

Pericolo

Che il pericolo ci stia sempre appresso,
tutti lo sanno.

C'è chi però voltandosi, lo scorge e ne è terrorizzato.
Ammutolito dalla paura, si ferma e ne è sopraffatto.

E...C'è chi riesce a proseguire tranquillo, ignorandolo.

Ma dunque, non siamo forse proprio noi stessi il nostro più gran pericolo?



Modern Times



































































Photos by Martin Parr

"Più fallisce e più riesce"

Giacometti MI parla.

Un' inter-vista: uno scorcio intimo dell'artista e della sua arte.



Traduco qualche frase emblematica per ogni video, nel tentativo di denaturare il meno possibile il pensiero.




"Mi ricordo esattamente il giorno nel 1945, quando ero al cinema a Montparnasse, non vidi più le immagini sullo schermo ma solamente dei punti che si muovevano. E le persone sedute vicino a me, era come se le vedessi per la prima volta, come se, veramente, vedessi il mondo esteriore per la prima volta senza il velo che esisteva fino a quel momento là. Fu a partire da quel momento che evidentemente ebbi il bisogno di toccare, di rendermi conto, dunque di fare della pittura, della scultura e le cose che faccio. E allo stesso tempo, so che non potrà mai essere che un fallimento. Ma in realtà, non è altro che attraverso il fallimento stesso che ci si può avvicinare un po'. Quindi il fatto di riuscire o fallire, non ha più alcun senso. In fondo non lavoro che per me, per sapere un po' meglio quello che vedo."



"Fino ad ora non ho ancora incominciato, non ho mai toccato il cuore. Allora, una volta che sarà cominciato, sarà praticamente finito."


"Ho incominciato a fare della scultura perchè era il campo che comprendevo meno, e tutt'ora non so nulla."



"Ieri, vedendo l'esposizione, la trovai molto molto carina, momentaneamente comunque. Troppo bella. Allora, questa cosa mi inquieta un po'. Perchè se resto così contento come ero ieri, questo significhererebbe, in contraddizione con ciò che penso solitamente, o che non ho più un senso critico, o che ho raggiunto la tappa, e quindi che non mi resta in ogni caso più nulla da fare."


"In una qualche maniera non è ancora incominciato..."



"Per me l'arte non è altro che un mezzo di toccare, di sapere come vedo il mondo esteriore. E' il soggetto che conta."


"Non ho più potuto ricominciare a dipingere dal vero dal giorno in cui ho avuto una nuova visione del mondo esteriore, quando non ho più creduto alla visione fotografica."


"Ho sempre l'impressione o il sentimento della fragilità degli esseri viventi, come se si dovessero sostenere ad ogni istante. Serve un'energia formidabile perchè possano sostenere dall'inizio, istante per istante, sempre, il rischio di crollare."


"In un certo senso credo che quando si faccia della scultura, della pittura o qualche altra sorta di queste attività è sempre per donare una certa permanenza a ciò che fu."


"Il motore per il quale si lavora è sicuramente per donare la permanenza a ciò che accade."



"Tutti abbiamo il bisogno, quando facciamo un viaggio o una serata con qualcuno, di raccontarlo, giusto? Il fatto di raccontare è già ricreare. Sarebbe a dire che sotto un certo punto di vista tutti facciamo dell'arte, no? Reinventiamo le storie.

Se il bisogno di guardare le cose è più grande, vuol dire che si è più sensibili alla fragilità, e quindi si è obbligati a scriverla, sennò si dipinge o si suona... Già il fatto di raccontare è donare una realtà."


"Per me non si tratta più di donare una permanenza a una faccia, ma di saperla fare."