mercoledì 21 dicembre 2011

Libro, Premessa

Sono passati oramai dieci anni dalla morte di Carlo. E dieci anni son passati dal ritrovamento del suo taccuino. Un taccuino mal ridotto certamente, ma pieno di lui. All’interno ho potuto ritrovare il suo spirito, e mi dicevo che era proprio lì che la sua anima si era rifugiata. Così per anni, ogni giorno andavo a fargli visita. Ripercorrevo tutte le sue memorie, tutte le sue emozioni e tutti i suoi dolori. E mentre i miei occhi scorrevano velocemente quegli aguzzi segni nero di seppia, in un certo senso mi sentivo colpevole: che permesso avevo io di rubargli la sua intimità? Stavo forse violando il suo essere? Approfittavo forse della sua incapacità materiale di fermarmi? Questi sono stati gli interrogativi che ogni volta mi ponevo quando terminavo la lettura, anche fosse stata una brevissima frase. In quelle pagine disordinate ritrovavo i momenti passati assieme, io e lui. Ma spesso mi si schiudeva anche un nuovo mondo di fronte, mi addentravo nella mente dell’uomo che ho sempre amato, immergendomi completamente nel denso oceano della sua psiche. Anche da morto riusciva ancora a parlarmi. Passarono due anni. Ed io portavo sempre il taccuino con me. Fu in quel periodo che iniziai a realizzare che ero la sola che era venuta a conoscenza di quei suoi scritti. E fu proprio in quel periodo che la direzione dei miei pensieri mutò radicalmente. Non mi ritenevo più una ladra, al contrario un’ egoista. Avevo la sensazione di essere una piovra avviluppata attorno ad un tesoro, i miei tentacoli erano certamente volti a proteggerlo, ma allo stesso tempo si preoccupavano (forse ancor di più!) di nasconderlo. Pensai dunque che non fosse affatto giusto essere l’unica al mondo a poter nutrirsi di quella ricchezza; dovevo trovare un modo per riuscire a sprigionare quei pensieri, dovevo farli piovere, scrosciare, il più fragorosamente possibile. Nacque quindi presto in me l’idea di una futura pubblicazione di quegli scritti. Allo stesso tempo però ero consapevole della difficoltà che sarebbe sorta per un lettore estraneo, nel comprendere pienamente il significato di quei pensieri disordinati. Iniziai allora un lavoro di sistemazione e riordinamento, tentando di inserire nel giusto posto tutti quei fogli volanti e sparsi infilati tra una pagina e l’altra del taccuino. Fu un grande sforzo, perché se da un lato volevo che l’ “ordine” precedente venisse intaccato solamente nel minimo indispensabile per non tradire le intenzioni di Carlo, dall’altro ero consapevole della necessità di alcune modifiche al fine di una vera ed efficace trasmissione del messaggio. Una volta terminata questa fase mi resi conto ancora una volta che non vi erano ancora abbastanza elementi per riuscire a penetrare realmente nell’anima di Carlo come invece era possibile a me. Quei pensieri, quei racconti non erano stati appuntati solamente in un ordine poco intellegibile, ma inoltre davano per scontate le basi da cui scaturivano. Di conseguenza anche se erano stati già riordinati, gli scritti potevano ancora una volta essere oggetto di una cattiva o ,peggio ancora, superficiale interpretazione. Decisi dunque di costruire una struttura solida per i pensieri in libertà del taccuino. Decisi che era mio compito supportare quei pensieri con una narrazione complementare. Ad ogni particolare pensiero di Carlo affiancai le storie che fecero da cornice e qualche mia personale riflessione. Il lettore avrà quindi la facoltà di decidere se leggere le mie personalissime aggiunte, o concentrarsi solamente sugli scritti originali. Ma ho ritenuto necessario inserire queste integrazioni per coloro i quali non si accontentassero del pensiero dell’uomo ma volessero anche conoscere la sua vita, le sue abitudini, le sue paure e i suoi amori. Insomma forse si tratta di un orpello, ma si tratta di un “di più” doveroso e forse anche dovuto; nella speranza di poter finalmente dar conto a un’esistenza straordinaria.

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