domenica 18 dicembre 2011

"Più fallisce e più riesce"

Giacometti MI parla.

Un' inter-vista: uno scorcio intimo dell'artista e della sua arte.



Traduco qualche frase emblematica per ogni video, nel tentativo di denaturare il meno possibile il pensiero.




"Mi ricordo esattamente il giorno nel 1945, quando ero al cinema a Montparnasse, non vidi più le immagini sullo schermo ma solamente dei punti che si muovevano. E le persone sedute vicino a me, era come se le vedessi per la prima volta, come se, veramente, vedessi il mondo esteriore per la prima volta senza il velo che esisteva fino a quel momento là. Fu a partire da quel momento che evidentemente ebbi il bisogno di toccare, di rendermi conto, dunque di fare della pittura, della scultura e le cose che faccio. E allo stesso tempo, so che non potrà mai essere che un fallimento. Ma in realtà, non è altro che attraverso il fallimento stesso che ci si può avvicinare un po'. Quindi il fatto di riuscire o fallire, non ha più alcun senso. In fondo non lavoro che per me, per sapere un po' meglio quello che vedo."



"Fino ad ora non ho ancora incominciato, non ho mai toccato il cuore. Allora, una volta che sarà cominciato, sarà praticamente finito."


"Ho incominciato a fare della scultura perchè era il campo che comprendevo meno, e tutt'ora non so nulla."



"Ieri, vedendo l'esposizione, la trovai molto molto carina, momentaneamente comunque. Troppo bella. Allora, questa cosa mi inquieta un po'. Perchè se resto così contento come ero ieri, questo significhererebbe, in contraddizione con ciò che penso solitamente, o che non ho più un senso critico, o che ho raggiunto la tappa, e quindi che non mi resta in ogni caso più nulla da fare."


"In una qualche maniera non è ancora incominciato..."



"Per me l'arte non è altro che un mezzo di toccare, di sapere come vedo il mondo esteriore. E' il soggetto che conta."


"Non ho più potuto ricominciare a dipingere dal vero dal giorno in cui ho avuto una nuova visione del mondo esteriore, quando non ho più creduto alla visione fotografica."


"Ho sempre l'impressione o il sentimento della fragilità degli esseri viventi, come se si dovessero sostenere ad ogni istante. Serve un'energia formidabile perchè possano sostenere dall'inizio, istante per istante, sempre, il rischio di crollare."


"In un certo senso credo che quando si faccia della scultura, della pittura o qualche altra sorta di queste attività è sempre per donare una certa permanenza a ciò che fu."


"Il motore per il quale si lavora è sicuramente per donare la permanenza a ciò che accade."



"Tutti abbiamo il bisogno, quando facciamo un viaggio o una serata con qualcuno, di raccontarlo, giusto? Il fatto di raccontare è già ricreare. Sarebbe a dire che sotto un certo punto di vista tutti facciamo dell'arte, no? Reinventiamo le storie.

Se il bisogno di guardare le cose è più grande, vuol dire che si è più sensibili alla fragilità, e quindi si è obbligati a scriverla, sennò si dipinge o si suona... Già il fatto di raccontare è donare una realtà."


"Per me non si tratta più di donare una permanenza a una faccia, ma di saperla fare."

Nessun commento:

Posta un commento